Top 1000 Monza e Brianza 2025

La classifica delle 1000 maggiori imprese di Monza Brianza e il quadro economico attuale e prospettico

La classifica Top 1000 2025

Le “TOP 1000” imprese per fatturato della provincia di Monza e Brianza hanno ricavi riferiti al 2024 che vanno da un minimo di 8,1 milioni a un massimo di 4,1 miliardi di euro. Entrambe le soglie salgono rispetto allo scorso anno, con il fatturato massimo che torna sopra i 4 miliardi crescendo del 3,9% e quello minimo che aumenta del 2,9% dai 7,9 milioni della millesima di un anno fa.
Nel complesso, il fatturato delle 1000 aziende vale 69,8 miliardi euro e il risultato di esercizio, in somma algebrica, ammonta a 2,5 miliardi di euro. Il fatturato è così inferiore all’anno precedente del 2,3%, una contrazione relativamente contenuta se si considera il rallentamento complessivo dell’economia lombarda e italiana nell’ultimo biennio. Si evidenzia un calo più pronunciato per il reddito di esercizio, che dopo il forte aumento del 2023 scende del 13,3%. Anche se il risultato d’esercizio nel suo complesso è peggiorato, la quota di aziende in utile sul totale resta molto elevata, al 92,0%. 

Dal punto di vista geografico tutti i 55 comuni ospitano almeno una delle aziende in classifica. Sono 17 i “comuni miliardari”, cioè quelli in cui le imprese attive superano il miliardo di ricavi cumulati. Per giro d’affari svettano Monza, con 12,3 miliardi di euro di fatturato, e Vimercate, con 9,7 miliardi di euro; seguono Agrate Brianza (6,4 miliardi di euro), Desio (5,2 miliardi di euro) e Lissone (3,8 miliardi di euro).

In questa edizione, per la prima volta, ci sono 16 aziende che superano quota 800 milioni di euro di fatturato (erano 15 nei due anni precedenti). Tra queste, passano da 10 a 9 le imprese con ricavi maggiori del miliardo di euro annuo. Prima è nuovamente Esprinet S.p.A. (Vimercate); seconda STMicroelectronics S.r.l. (Agrate Brianza); terza Mediamarket S.p.A. (Verano Brianza); quarta G.A.I.A. Holding S.r.l. (Desio); quinta Candy S.p.A. (Brugherio); sesta BASF Italia S.p.A. (Cesano Maderno); settima SOL S.p.A. (Monza); ottava Decathlon Italia S.r.l. (Lissone); nona Intercos S.p.A. (Agrate Brianza), che entra a far parte delle imprese “miliardarie”. Seguono decima Roche S.p.A. (Monza); undicesima Sacchi Giuseppe S.p.A. (Desio); dodicesima Euroitalia S.r.l. (Cavenago di Brianza); tredicesima Gruppo Sapio (Monza); quattordicesima Gruppo Fontana (Veduggio con Colzano); quindicesima Prenatal Retail Group S.p.A. (Cogliate); sedicesima DS Smith Holding Italia S.p.A. (Vimercate).

Focalizzandosi sul campione chiuso di 854 società (con lo stesso consolidamento di bilancio nella classifica passata e presente) è possibile svolgere qualche confronto tra i risultati conseguiti nel 2024 e nel 2023. Su questo campione, la contrazione del fatturato è più contenuta (-0,8%), mentre il calo degli utili è sugli stessi livelli del totale delle “TOP 1000” (-13,3%).
A conferma della sostanziale stabilità del fatturato, poco più della metà (il 52,5%) delle aziende del campione registra un aumento dei ricavi, una quota in calo dagli scorsi anni.
La redditività rimane, invece, molto elevata: considerando tutte le 1000 imprese in classifica, l’EBIT mediano sui ricavi è pari al 5,6%, superato nell’ultimo decennio solo dal 5,9% dell’anno prima. D’altro canto, il ROE mediano scende dal 14,4% all’11,9%.

Tutto questo considerato, il quadro che si evince è di un rallentamento delle vendite coerente con un andamento meno brillante del mercato, sia nazionale che globale, a fronte di una confermata solidità del tessuto imprenditoriale, come evidente dalla marginalità e dalla quota di aziende in utile.

Le startup innovative: le top del futuro?

Nel territorio di Monza e Brianza hanno sede 136 startup innovative (così come definite e riconosciute dal DL 179/2012), un numero sostanzialmente stabile rispetto a un anno fa. Ben un terzo di esse è collocato nel capoluogo di provincia, un secondo polo rilevante è Seregno, che ne conta 14, mentre le restanti 77 hanno una presenza diffusa sul territorio. Analizzando i requisiti necessari alla qualifica di startup innovativa, ben 90 realtà (il 66%) soddisfano il parametro di elevata spesa in ricerca e sviluppo, 30 (22%) impiegano personale altamente qualificato e una porzione più ridotta, ossia 18 (13,2%), è titolare di almeno un brevetto o un software registrato.
Delle 136 startup attive, il 68% ha già depositato un bilancio relativo al 2024, per un fatturato complessivo di circa 18,3 milioni di euro e un valore aggiunto di oltre 2,6 milioni di euro.
Le prime 15 startup in termini di ricavi, di cui nove già presenti lo scorso anno e sei che entrano per la prima volta in classifica (per incremento di fatturato), totalizzano 13,1 milioni di euro, con la soglia massima che scende a 3,3 milioni di euro dai 7,9 milioni dell’edizione 2024 e quella minima che sale a 352 mila euro da 267 mila.
Approfondendo i settori di attività della top15, ben otto si occupano di produzione di software in diversi ambiti, dal retail e marketing alla robotica, dalla formazione alla logistica, dal fintech alla consulenza. Tra le altre, due operano nel settore di ricerca e sviluppo nei campi delle scienze naturali e dell’ingegneria, cinque forniscono servizi connessi a tecnologie dell’informatica, all’editoria, ad attività di design, alla progettazione di ingegneria integrata e al content marketing. Tra le realtà innovative risulta, dunque, diffusa la penetrazione di tecnologie ICT avanzate, applicate su un ampio spettro di attività.
Guardando alle realtà in cima alla classifica, al primo posto si trova Retail Booster S.r.l., produttrice di software per il comparto food che con quasi 3,3 milioni di euro di fatturato scala due posizioni dallo scorso anno. Seconda è Oversonic Robotics S.r.l, sviluppatrice di robot umanoidi con un fatturato di 2,1 milioni di euro e in ascesa dalla quarta posizione del 2024. Sul podio c’è, infine, Epsilen Bio S.r.l., new entry dell’edizione 2025 che effettua R&S in ambito biotech-pharma e che nel 2024 ha fatturato 1,1 milioni di euro.

Il quadro economico recente

Nel 2024 il Pil di Monza e Brianza è cresciuto appena dello 0,2%, assai meno del già magro +1,0% lombardo, segnando una netta decelerazione rispetto agli anni di recupero e rilancio successivi allo shock pandemico. La causa è da ricercare nel rallentamento dei servizi accompagnato dalla stazionarietà dell’industria. Il fatturato del terziario è aumentato, a valori correnti, del 3,3% in confronto al 2023, variazione ancora positiva ma contenuta rispetto agli anni precedenti. Al contempo, la produzione manifatturiera è scesa dello 0,3% annuo. Ancora distintiva, invece, è stata la performance sui mercati internazionali: nel 2024 le imprese del territorio hanno realizzato un export di 14,4 miliardi di euro, crescendo del 4,4% in valori correnti rispetto al 2023 (ben oltre il +0,7% lombardo).
La stazionarietà economica è stata affiancata da una dinamica occupazionale contenuta: nel 2024 il numero di lavoratori è diminuito marginalmente (-0,5% annuo) e il tasso di disoccupazione è di poco salito al 3,3% (dal 2,9% del 2023), rimanendo comunque su un livello eccezionalmente basso.
Il profilo del territorio monzese-brianzolo è rimasto debole anche nella prima metà del 2025. Tra gennaio e marzo, la produzione industriale è calata dello 0,5% sotto il livello di inizio 2024, proseguendo lungo la traiettoria di stazionarietà dei periodi precedenti, mentre le esportazioni si sono confermate dinamiche, crescendo del 9,0% su base annua, ma non si tratta di un’espansione diffusa tra settori bensì attribuibile quasi unicamente alla farmaceutica. Nel secondo trimestre, poi, l’attività manifatturiera è diminuita di un pesante 5,2% e, al contempo, il valore dell’export è calato dell’1,2%, segnando la prima contrazione dopo quattro anni di crescita. Tra i motivi c’è l’elevata proiezione internazionale delle imprese monzesi-brianzole, che hanno particolarmente accusato dell’esaurirsi dell’effetto “anticipazione” di inizio anno: all’accelerazione degli acquisti da parte delle imprese importatrici statunitensi tra gennaio e marzo come azione preventiva ai dazi è succeduta una fase di riduzione delle scorte che ha portato a un primo rallentamento del commercio mondiale già in primavera. Ne hanno risentito, in particolare, elettronica (-36,6%), meccanica (-14,4%), chimica (-6,3%) e gomma-plastica (-8,3%), così come la specializzazione territoriale del design-arredo (-2,5%). Tracciando un bilancio della prima metà del 2025, la produzione manifatturiera del territorio risulta in calo del 3%, mentre le esportazioni in crescita del 3,5% (variazione che, tuttavia, diventerebbe negativa al netto della farmaceutica).
Dall’analisi emergono due principali fattori di vulnerabilità: l’alta dipendenza dell’export monzese dal mercato americano che amplifica, potenzialmente, l’esposizione ai dazi statunitensi e la forte connessione commerciale con la Germania che rende la manifattura locale maggiormente soggetta alle tempistiche di ripartenza dell’industria tedesca (attesa, comunque, manifestarsi nel prossimo anno da molti previsori).
Con riferimento alle tariffe incrementate, il Centro Studi di Assolombarda stima una perdita potenziale di 146 milioni di euro di minori esportazioni verso gli Stati Uniti da parte delle imprese monzesi in un anno per effetto dei dazi (-1,0% di export totale, variazione quindi contenuta). Nell’orizzonte di 7-10 anni, il calo di fatturato estero potrebbe salire fino a 315 milioni di euro, in quanto nel più lungo periodo gli importatori americani hanno maggiori possibilità di rimodulare le proprie catene di fornitura: per far fronte a tale rischio, risulta importante per le imprese locali diversificare le geografie di esportazione e rafforzare la propria competitività internazionale investendo in qualità e innovazione del prodotto.
Considerando il quadro di decelerazione mondiale (e non includendo ancora uno scenario di impatto diretto dei dazi), l’espansione del Pil di Monza e Brianza nel 2025 è stimata ancora modesta e pari allo 0,3% (come ridotta è la performance lombarda nel complesso, al +0,5%), con attese di stagnazione per la manifattura e di servizi ancora deboli. Anche l’occupazione è prevista solo in lieve aumento.

Le prospettive e i rischi

La debolezza del quadro economico locale e globale che emerge dai dati macro della prima metà del 2025 è evidente anche a livello micro nelle indicazioni raccolte da Assolombarda presso un campione di oltre 100 imprese dell’industria e dei servizi innovativi attive a Monza e Brianza. Le attese del tessuto produttivo territoriale per il 2026 risultano, invece, più favorevoli, così come le previsioni macroeconomiche formulate dal Centro Studi di Assolombarda, che nel prossimo anno indicano una accelerazione annua del Pil provinciale al +0,8%.
L’indagine presso le imprese monzesi, effettuata a ottobre, rileva che il 46% dei rispondenti prospetta di chiudere il 2025 con un aumento di fatturato rispetto al 2024, il 20% riporta stabilità e il 34% una diminuzione. Le indicazioni di performance delle imprese di Monza e Brianza risultano, quindi, piuttosto polarizzate; caratteristica emersa anche dalle rilevazioni del biennio precedente, che con il 2025 condividono uno scenario globale mutevole e incerto. In generale, i preconsuntivi per l’anno in corso risentono dell’accresciuta fragilità del commercio mondiale, risultando in deciso peggioramento rispetto alle previsioni formulate dalle imprese lo scorso autunno, quando solo il 9% dei rispondenti si attendeva un calo di fatturato nel 2025 e ben il 60% un incremento. Al contempo, le indicazioni sull’andamento dei margini operativi evidenziano una complessiva tenuta, con due terzi dei rispondenti che stimano un EBIT in crescita (34%) o stabile (32%) rispetto al 2024, anche per effetto di un ridimensionamento della pressione dei prezzi di molte materie prime, pur essendoci il restante 34% che riporta una diminuzione.
Guardando agli ostacoli riscontrati dalle realtà monzesi-brianzole nei primi 10 mesi del 2025, i principali si confermano essere la difficoltà di reperimento delle figure professionali e l’insufficienza di domanda, che rappresentano un fattore di alto rischio per ben il 43%-42% dei rispondenti all’indagine. L’elevato costo dell’energia è stato sentito dalle imprese prevalentemente come fattore di medio rischio (livello indicato dal 42% del campione, rischio alto per il 22%), mentre non sono risultati particolarmente ostacolanti né i vincoli finanziari (rischio alto solo per l’11%) né i prezzi di materie prime e componenti (9%). Marginali rischi finanziari possono, per un certo verso, stupire, ma sono soprattutto giustificati da una ancora bassa domanda di investimenti come si evince dalle indagini di Banca d’Italia.
In prospettiva, le previsioni di fatturato per il 2026 sono più favorevoli, riflettendo le attese che si manifesti concretamente la ripartenza economica fino ad ora posticipata. Nel prossimo anno rispetto al 2025, il 58% delle imprese intervistate prospetta un incremento delle vendite e il 33% una stabilità, mentre solo il 9% stima un calo. Sulle possibili criticità che le imprese dovranno affrontare nel 2026 c’è una sostanziale omogeneità di percezione rispetto a quanto sperimentato nel 2025. Sia le difficoltà di reperimento di personale adeguato sia l’insufficienza di domanda rimangono, infatti, altamente incisive e indicate come rischi elevati rispettivamente dal 48% e 44% dei rispondenti. Gli elevati costi energetici si confermano ostacolo di livello medio per il 45% delle imprese (alto per il 25%). Gli elementi che dovrebbero essere meno impattanti sono nuovamente i vincoli finanziari (rischio alto solo per il 14% delle imprese), anche grazie a politiche monetarie più accomodanti, e il reperimento o l’aumento dei costi di materie prime/componenti, sebbene cresca la quota di chi lo ritiene un rischio alto nel prossimo futuro (al 18%) verosimilmente per l’impatto che il mutevole scenario geoeconomico potrebbe avere sulle catene di fornitura.

Focus Giovani

Con 879.752 abitanti al 1° gennaio 2025, la provincia di Monza Brianza è quinta in Lombardia. Nello scenario al 2050 si prevede che la popolazione continuerà ad aumentare, fino a 907 mila residenti, con una crescita del 3,1%, a differenza dell’Italia dove si attende un calo del 7,3%, pari a 4,3 milioni di persone in meno. La sfida sarà, però, comune e dettata da un progressivo invecchiamento con, da una parte, le fasce 0-14 anni e 15-64 anni attese ridursi e, dall’altra parte, gli over 65 aumentare. I giovanissimi passeranno, infatti, da 109.300 a poco meno di 109.000 residenti (-0,3%) e, soprattutto, la popolazione in età attiva calerà da 560.400 a 497.000 (ben -11,3%). Gli anziani, invece, cresceranno da 210 mila a 301 mila, con un sensibile incremento del 43,3%. Tra 25 anni, la nuova struttura della popolazione monzese vedrà quindi il 12% nella fascia 0 e 14 anni (in discesa dal 12,4% attuale), il 54,8% in quella 15-64 anni (in crollo dal 63,7%), il 33,2% in quella over 65 (in forte incremento dal 23,9%).
Approfondendo i cambiamenti all’interno della popolazione attiva tra i 15 e i 64 anni, nell’arco di 25 anni a Monza e Brianza diminuiranno sia i 15-34enni (-23.800 residenti) sia i 45-64enni (-52.000), mentre aumenteranno i 35-44enni (+12.500) senza, tuttavia, compensare il calo complessivo.
Inoltre, va evidenziato che mantenendo l’attuale tasso di occupazione (70,8% nel 2024), nel 2050 gli occupati tra i 15 e i 64 anni saranno l’11% in meno rispetto a oggi. Tradotto in numeri assoluti, significa che tra 25 anni ci saranno quasi 45 mila occupati in meno per il solo effetto demografico.
Per questo motivo, è fondamentale rafforzare la capacità di attrazione di capitale umano. Una delle sfide più imminenti è quella di continuare ad attrarre popolazione dal resto d’Italia o dall’estero. Nel 2024 i trasferimenti verso la provincia di Monza Brianza sono stati quasi 35.900 (a fronte di circa 30 mila cancellazioni, con quindi un saldo migratorio positivo di 6 mila persone). Di queste iscrizioni, più di 5.300 provengono dall’estero mentre 30.500 risultano interne al territorio italiano, di cui quasi 4.300 da comuni al di fuori della Lombardia.
Un altro elemento da tenere sotto osservazione riguarda i trasferimenti oltre confine. Secondo l’Anagrafe dei residenti italiani all’estero, al 1° gennaio 2025 risultano fuori dai confini italiani oltre 36.800 cittadini della provincia: il 25% ha tra i 18 e i 34 anni e il 24,6% tra i 35 e i 49 anni. Rispetto ai 25.800 registrati nel 2019, l’aumento è davvero significativo, pari al +43%. Le esperienze all’estero, pur essendo preziose per la formazione dei giovani, rischiano di tradursi in una perdita di competenze se non sono accompagnate da un ritorno in provincia o da un analogo fenomeno in ingresso.
Guardando al futuro è centrale fare leva sulla vitalità economica dell’area per attrarre talenti e per valorizzarli ulteriormente, anche sfruttando la vicinanza di numerosi atenei e centri di ricerca di eccellenza, trasformando così una criticità demografica in leva di sviluppo.

Non sei associato e ti servono informazioni?

Contattaci