Documento con le proposte di Confindustria Lombardia per affrontare l’emergenza e garantire la continuità produttiva

Aggiornamento 11 marzo 2020

  • Confindustria Lombardia comprende il momento di grave emergenza sanitaria che la nostra Regione sta attraversando e vuole contribuire concretamente e attivamente insieme a Regione Lombardia nell’elaborazione di politiche di forte sacrificio, anche per il tessuto imprenditoriale lombardo, che possano contenere l’espansione del contagio e garantire un decorso della malattia in condizioni sanitarie efficienti e dignitose.  Le imprese sono consapevoli della necessità di rispondere alle richieste delle Autorità e si impegnano a rafforzare le proprie misure di prevenzione e contenimento della diffusione dell’epidemia.
  • In queste settimane di crescente emergenza, le imprese lombarde hanno prodotto enormi sforzi per adeguare organizzazione, procedure e personale alle esigenze imposte dall’emergenza prodotta dall’epidemia, nello sforzo continuo di contemperare le priorità di carattere sanitario con quelle di ordine economico.
  • Le fabbriche sono oggi probabilmente il posto più sicuro perché hanno adottato misure di prevenzione per la tutela della salute (temperatura misurata con telecamere termiche, controlli su distanze minime obbligatorie, accesso contingentato agli spazi comuni…).
  • Chiediamo pertanto alle Autorità di non assumere decisioni affrettate che provochino la chiusura degli impianti e il blocco delle attività, e confermiamo piena disponibilità per considerare eventuali ulteriori provvedimenti straordinari che, in un quadro di chiarezza delle regole per gli operatori e massima sicurezza per la popolazione, permettano alle imprese di continuare la propria attività.


In forza di ciò siamo disponibili a condividere:

1.    Un codice di autoregolamentazione che preveda procedure e misure anticontagio stringenti e in ogni caso aderenti a requisiti specifici come ad esempio:

A titolo esemplificativo:

  • sul luogo di lavoro e in tutte le attività connesse, andranno applicati criteri stringenti di sicurezza sanitaria (già oggi adottati) ma che potrebbero essere ulteriormente implementati;
  • limitazione massima degli spostamenti all’interno dei siti e accesso contingentato agli spazi comuni;
  • impegno delle imprese a comunicare in modo costante ai propri dipendenti la fondamentale importanza di tornare al proprio domicilio non appena terminato il proprio turno di lavoro, ricordando la necessità di limitare gli spostamenti non necessari e le sanzioni previste per i trasgressori (come stabilito dal Ministero degli Interni);
     

2. Utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per tutte quelle attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza.

3. Incentivo per i propri dipendenti a godere di ferie e congedi retribuiti.

4. Chiusura dei reparti aziendali non indispensabili per la produzione.

 

Confindustria Lombardia si impegna ad avviare da subito un censimento delle proprie imprese associate disponibili a chiudere i propri impianti.

Si chiede infine che l’applicazione delle misure restrittive all’attività delle imprese necessarie per tutelare la salute pubblica prevedano contestualmente:

  • ragionevole certezza della durata dei provvedimenti restrittivi;
  • facoltà e non obbligo delle imprese di chiudere i propri impianti o parte di essi;
  • definizione di un piano chiaro di misure compensative con tempi certi per sostenere l’occupazione attraverso gli ammortizzatori sociali e mitigare il più possibile gli effetti del virus sullo stato finanziario delle imprese, sulla ricchezza prodotta e sui consumi, mediante la sospensione degli adempimenti fiscali e contributivi;
  • disponibilità di Regione Lombardia a farsi parte attiva nei confronti degli altri soggetti della Pubblica Amministrazione per una collaborazione con le imprese nella applicazione delle prescrizioni sanitarie.


Ragioni contrarie alla chiusura

  • Il peso della Lombardia sull’economia del paese è tale che le conseguenze economiche di una chiusura sarebbero difficilmente gestibili.
  • Le imprese lombarde stanno affrontando ormai da mesi una fase economica di particolare complessità e difficoltà sia sul mercato interno che sui mercati internazionali, investendo energie e risorse ingenti per mantenere e consolidare le posizioni raggiunte con grande sforzo negli anni scorsi: una chiusura renderebbe vani gli sforzi che sono stati fatti.
  • Bloccare le attività delle imprese industriali produrrebbe danni incalcolabili e in molti casi irreversibili al sistema economico lombardo, e in particolare alle imprese di minori dimensioni, molte delle quali rischierebbero di non sopravvivere a una pur breve interruzione delle attività, e alle decine di migliaia di professionisti e collaboratori che da queste dipendono.
  • Le catene globali del valore sono così interconnesse che una chiusura dell’industria lombarda comporterebbe conseguenze imprevedibili sull’economia italiana ed europea.
  • Molta parte dell’industria lombarda è inserita nella fascia di componenti intermedi che vanno su filiere internazionali dove il prime contractor non è nazionale. Non controllando direttamente il mercato una chiusura rischia di essere per l’azienda definitiva.
  • Per molte tipologie di impianti non sarebbe possible chiudere in un solo giorno ma necessitano di una adeguata tempistica per rispettare le procedure tecniche e garantire la sicurezza E’ il caso dei siti produttivi classificati RIR (Rischio Incidente Rilevante): ossia quegli stabilimenti produttivi (esempio industria chimica) che possono diventare pericolosi per l’ambiente e per la popolazione se non presidiati anche dopo un fermo produttivo. Il fermo bloccherebbe anche la gestione e lo smaltimento rifiuti industriali: qualora si optasse per il blocco, occorrono deroghe alle attuali disposizioni normative con le relative scadenze in esse contenute, fino a cessata emergenza.
  • Nel contempo per alcuni importanti impianti non sarebbe possibile una volta chiusi, riaprire in tempi rapidi in virtù delle loro caratteristiche e delle procedure che devono seguire, senza contare i costi di riaccensione impianti. Molte delle realtà produttive sono infatti caratterizzate da processi produttivi che comportano altissimi costi di “riaccensione; un elemento che impatterebbe in modo importante, colpendo ulteriormente le aziende che già devono fronteggiare la contrazione della domanda e le difficoltà finanziarie.
  • La chiusura comporterebbe un ulteriore aumento delle disdette degli ordini con conseguenze drammatiche sul fatturato, concedendo inoltre un enorme vantaggio competitivo ai concorrenti esteri.

 

 

 

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