«Non solo week ed eventi. A Milano serve una visione» Intervista

«Non solo week ed eventi. A Milano serve una visione»

Intervista del Presidente Alessandro Spada sul Corriere della Sera - 18 gennaio 2023

Il Presidente di Assolombarda Alessandro Spada, parla di mobilità, infrastrutture, stadio, casa e sicurezza. E manda un messaggio a Palazzo Marino: «Serve una visione del futuro, non misure di corto respiro come i limiti di velocità e le piste ciclabili». Le sollecitazioni: piano parcheggi e riforma del servizio taxi. «Il privato è pronto a fare la sua parte per la città, ma la politica risponda in tempi utili e la burocrazia non sia un freno».

«Alzare lo sguardo, impostare visioni del futuro, immaginare la città del 2050. Non si può rimanere intrappolati tra vincoli architettonici su uno stadio, limiti di velocità e qualche riga disegnata sulle strade». Il tono non è polemico, il presidente di Assolombarda Alessandro Spada si accalora soltanto quando disegna i possibili percorsi di sviluppo. Ma cerca comunque le parole utili a «suscitare un confronto, una discussione cittadina» su alcuni punti che impediscono a Milano di sentirsi a pieno titolo iscritta alla Champions league della città europee. Un messaggio indirizzato a Palazzo Marino.

Presidente Spada, qual è lo stato di salute della città, vista dagli industriali?

«Milano è sempre una città importante e dinamica a livello internazionale. In tema di percezione, risulta conosciuta al pari delle principali capitali politiche. Però nelle 33 graduatorie considerate dal nostro Centro Studi risulta mediamente al 98° posto. Occorre quindi fare di più in tema di innovazione e per sostenere Milano come " place for business

". È importante che lo sviluppo di Milano vada nella direzione del proprio Dna: cioè non soltanto come luogo di importanti eventi, di ristorazione, di turismo - che si traduce nelle varie " week " - ma anche come territorio capace di valorizzare la propria componente manifatturiera, attraverso grandi progetti di innovazione, ricerca e rigenerazione urbana sul modello di Mind. Insomma, la cosiddetta "Grande Milano" deve recuperare e valorizzare la sua vocazione produttiva attraverso un piano di sviluppo che la renda snodo di ricerca e attrattiva per i giovani, per i talenti, per le start up ».

Non pensa che rispetto a voi industriali, storicamente categoria simbolo di questa città, nel tempo si siano imposte altre figure imprenditoriali e altri business?

«Dietro ogni "week" c'è un sistema produttivo: se abbiamo il Salone del mobile, per esempio, è perché ci sono aziende, fabbriche che tanti anni fa hanno cominciato a invitare qui i loro clienti. Insomma, è indubbia l'accelerazione del versante commerciale, del turismo, degli eventi, con una crescita anche in termini di attrattività, ma non si può dimenticare che la manifattura industriale rappresenta ancora oggi la colonna fondamentale dell'economia milanese. Mi lasci elencare qualche dato».

Elenchi.

«Milano concentra il 30 per cento di tutto il valore aggiunto industriale della Lombardia, è la prima provincia d'Italia sia per numero di realtà manifatturiere (oltre 23 mila) sia per addetti (208 mila). Ci sono 96 grandi imprese con fatturato annuo oltre il miliardo di euro - Monaco ne ospita 83 e Barcellona 30 - e 4.700 multinazionali che occupano quasi 500 mila persone e generano più di 220 miliardi di euro di fatturato».

Ma le vostre aziende fuori dall'Area B.

«Appunto, l'Area B penalizza tante aziende e tanti lavoratori. Noi siamo grandi sostenitori della logica di Area metropolitana, è giusto che alcune funzioni siano spostate dal centro. Però questo processo deve essere accompagnato da uno sviluppo infrastrutturale. A partire dai collegamenti».

E invece?

«E invece la M5 arriverà a Monza nel 2031. Altri otto anni per collegare Monza e Sesto San Giovanni? Non è possibile che nell'era digitale si debbano sprecare quattro anni con carte che vanno avanti e indietro. Davvero non mi rassegno ai tempi della burocrazia e di certe decisioni politiche. Guardi anche lo stadio...».

Appunto: cosa pensa della querelle su San Siro?

«La politica deve avere il coraggio di decidere e di farlo in tempi utili. Milan e Inter sono asset della città, attraggono persone e investimenti, e per competere hanno bisogno di strutture adeguate. Non ci si può perdere attorno al vincolo architettonico che equipara un impianto sportivo a un monumento, guardiamo piuttosto al progetto di riqualificazione della zona, questo significa interpretare il futuro. Era stato così anche per Porta Nuova, tante paure e invece siamo di fronte a un esempio vincente».

Torniamo alla mobilità: il problema è la M5 a Monza?

«Il problema è una visione a lungo termine. Piste ciclabili, Zone 30, corso Buenos Aires e corso Venezia rivoluzionati, e anche Area B sono interventi dal respiro corto. L'impatto ambientale si affronta con una metropolitana e un piano parcheggi adeguato alle necessità, visto che è proprio il Comune a spiegare che la città a 30 all'ora, per funzionare, ha bisogno che le strade siano liberate dalle auto. E poi c'è un deficit del servizio taxi che è sotto gli occhi di tutti: risolviamo una volta per tutte la questione delle licenze e diamo a Milano un sistema di auto pubbliche da città europea, con tariffe notturne abbordabili. Detto tutto ciò, comunque, trovo giusta la battaglia del sindaco sui contributi per il trasporto pubblico: è sacrosanto che chi investe di più ne riceva di più».

Però, di fatto, lei sta muovendo molte critiche alle scelte del sindaco.

«La mia è una sollecitazione, uno stimolo ad alzare lo sguardo, a impostare le visioni di lungo termine e a non rimanere intrappolati nei piccoli interessi da comitato, a immaginare una città che nel 2050 sia un ambiente ospitale per chi studia, chi lavora, chi produce, per i turisti...».

Ma i problemi vanno oltre mobilità e infrastrutture.

«Infatti siamo convinti che ci riguardino anche questioni come la sicurezza e la casa. Non possiamo rischiare di perdere tanti giovani che studiano nelle nostre eccellenti università e poi faticano a sostenere i costi dell'abitare».

Quindi, parafrasando l'Avvocato Agnelli, ciò che va bene agli industriali va bene a Milano e viceversa?

«Bisogna fare insieme scelte per il bene della città in cui viviamo e lavoriamo. Il mondo privato è pronto a fare la sua parte come sempre. Tante imprese vorrebbero mettersi in gioco su progetti pubblici, però si scontrano con una burocrazia che frena».

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