In sede di accordo sindacale, l'azienda ha soppresso alcune indennità obsolete a partire dal 2025, per le quali viene data la possibilità ai dipendenti interessati di conferire gli importi corrispondenti a welfare aziendale, in esecuzione della facoltà concessa dal CCNL nazionale di riferimento. In tal caso, l'impresa riconosce ai dipendenti la possibilità di congelare l'importo ad personam, in misura corrispondente, oppure di riceverlo sotto forma di welfare aziendale, in misura maggiorata del 5% o del 10%. Inoltre, in assenza di comunicazione da parte del dipendente interessato, questo emolumento sarà riconosciuto come importo ad personam.
In particolare, in tale fattispecie non si verifica l'ipotesi disciplinata dall'art. 1, co. 184, della Legge n. 208/2015 (istitutiva del PdR), pertanto l'erogazione delle indennità soppresse sotto forma di welfare aziendale non soddisfa le condizioni per poter applicare la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente ai sensi dell'art. 51, commi 2 e 3, del TUIR, dal momento che la stessa, più che consentire l'accesso, in favore della generalità dei dipendenti, a beni e servizi connotati da particolare rilevanza sociale, mira a sostituire voci imponibili della retribuzione ritenute obsolete.
Pertanto, la quota di retribuzione relativa ad indennità soppresse convertite, su scelta del dipendente interessato, in prestazioni di welfare, non può fruire del regime di esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente, di cui all'art. 51, commi 2 e 3, del TUIR; di conseguenza, la stessa dovrà essere assoggettata a tassazione ordinaria.