«Anche i giudici al tavolo per superare lo stallo dell'urbanistica in città». Biffi: teniamo qui i giovani con un patto generazionale
L'intervista di Alvise Biffi, Presidente Assolombarda - Corriere della Sera, 1 dicembre 2025.
«Dopo le questioni giudiziarie, è tempo di attivare una nuova fase dello sviluppo territoriale della città, al servizio dell'innovazione e dell'attrattività. Noi siamo pronti a fare la nostra parte e proporremo un tavolo di confronto con istituzioni, autorità giudiziarie, università e società civile». Finora il presidente di Assolombarda Alvise Biffi, eletto nel giugno scorso, aveva concentrato le sue uscite pubbliche su temi come competitività, innovazione e intelligenza artificiale. Adesso, per la prima volta affronta i temi del dibattito metropolitano, dal presente giudiziario al futuro elettorale, annunciando l'impegno della borghesia imprenditoriale ambrosiana.
Presidente Biffi, perché all'assemblea generale di Assolombarda di metà ottobre ha concentrato il suo discorso sull'intelligenza artificiale e ha evitato di entrare nel merito delle questioni che segnano il territorio?
«Insieme al consiglio di presidenza, abbiamo ritenuto fosse importante trasmettere agli imprenditori l'urgenza di attrezzarsi dal punto di vista di questo nuovo paradigma, che ci pone di fatto di fronte a una vera e propria rivoluzione industriale. In questo momento dobbiamo puntare sull'intelligenza artificiale per creare un vantaggio competitivo e irrobustire la leadership innovativa del territorio: Milano deve diventare la capitale italiana dell'intelligenza artificiale e delle tecnologie emergenti, non dovremmo mai smettere di pensare questo territorio come fabbrica di futuro».
Però, nel decennio che abbiamo alle spalle, Milano è cresciuta trainata da turismo, ristorazione, intrattenimento, rendita: per essere fabbrica di futuro non dovrebbe correggere questo modello di sviluppo?
«Una cosa non esclude l'altra. Cioè si può e si deve favorire lo sviluppo dell'innovazione industriale senza rinunciare a valorizzare il turismo. Dopodiché mi pare che sia stata soprattutto la narrazione a concentrarsi sulle code di turisti, sul commercio e sulla finanza, trascurando la dimensione produttiva, che comunque ha continuato a essere centrale: a Milano, tra il 2019 e il 2025 c'è stata una crescita dell'11 per cento del Pil, contro il 6,3 per cento nazionale. Qui ci sono 22 mila imprese e 218 mila addetti nel manifatturiero, per un valore aggiunto industriale di circa 29 miliardi di euro, più di Bergamo e Brescia messe insieme, che nella narrazione sono i veri distretti produttivi. Ma Milano ha potuto contare sul formidabile connubio tra manifattura e servizi innovativi - cioè altre 160 mila imprese con 589 mila addetti - che favorisce la crescita».
E cosa dovrebbe accadere, ora, per recuperare e adeguare ai tempi la vocazione manifatturiera ambrosiana?
«Noi imprenditori dobbiamo fare la nostra parte, creando i presupposti tecnologici, ma a livello territoriale occorre anche dare forma a un patto generazionale che consenta ai giovani di rimanere in città, perché senza di loro non c'è futuro per nessuna impresa».
Quindi cosa potete fare?
«Dobbiamo essere capaci di rendere la città attrattiva anche per consentire alle persone di poterci vivere: significa concentrarsi su produttività e contratti di secondo livello per aumentare i salari, sviluppare le infrastrutture in una logica metropolitana, insomma adeguare la proposta urbana alle nuove esigenze dei cittadini. E il tema dell'abitare è centrale. Noi, per esempio, stiamo lavorando a un progetto che offra soluzioni immobiliari legate al welfare aziendale: sarebbe anche una leva per sostenere la capacità di spesa».
Però nel frattempo Milano sembra bloccata dalle vicende giudiziarie che hanno colpito l'urbanistica. Come se ne esce?
«Partiamo da un dato di fatto: in vent'anni le riqualificazioni urbane hanno restituito alla città circa 2,6 milioni di metri quadrati di territorio. Qui sono atterrati importanti investimenti da parte di grandi gruppi internazionali, che hanno creato lavoro e indotto. E per i prossimi anni stimiamo ulteriori 3,2 milioni di metri quadrati da riqualificare. Quindi è importante che adesso tutti gli attori della città si adoperino per uscire da questo stallo. Noi di Assolombarda stiamo lavorando per realizzare un tavolo di confronto con le istituzioni, le autorità giudiziarie, le università, le imprese e la società civile. Anche per recuperare un comune linguaggio per ragionare sul futuro».
Intanto si prospetta una lunga stagione elettorale. Cosa si aspetta?
«Mi aspetto un confronto basato su contenuti, proposte concrete, progetti. E l'auspicio è che si facciano avanti figure preparate per affrontare i grandi temi che riguardano il futuro della città. Da parte nostra, siamo aperti al confronto e a interpretare il nostro ruolo di civil servant nei confronti del futuro sindaco».
A proposito: su queste pagine si è dibattuto molto sul ruolo della borghesia milanese. Gli industriali si sono allontanati dalla politica?
«Io non vedo disimpegno. Vedo semmai imprenditori che non hanno mai smesso di impegnarsi per la cosa pubblica e per la città, ma che preferiscono modalità diverse rispetto all'impegno in prima persona. Facciamo policy, non politics».
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