Sessanta giorni per salvare l'economia italiana Intervista

Sessanta giorni per salvare l'economia italiana

L'intervista di Carlo Bonomi, Presidente di Assolombarda - Il Foglio - 31 maggio 2019

Carlo Bonomi è il combattivo presidente degli industriali che si riconoscono in Assolombarda, l'associazione delle imprese che operano nelle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza, attualmente la più grande di tutto il sistema confindustriale. Bonomi vive lavora e opera in uno dei distretti produttivi più in salute e più in forma d'Italia, dove l'industria dell'ottimismo pesa infinitamente più di quella dell'allarmismo, ma di fronte alla prospettiva di dover immaginare quale potrà essere la traiettoria economica che si appresta a imboccare il nostro paese nei prossimi mesi l'ottimismo della volontà, nelle parole di Bonomi, lascia il posto al pessimismo della realtà. Due giorni fa, la Commissione europea ha chiesto chiarimenti sulla mancata riduzione del debito da parte del governo italiano, dando cinque settimane di tempo per studiare una manovra correttiva credibile al ministro dell'Economia per disinnescare una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea che potrebbe costare una multa da 3,5 miliardi di euro. Sempre mercoledì, la Corte dei conti ha invitato il governo a intervenire per controllare il debito pubblico, spiegando che sia il reddito di cittadinanza sia quota 100 non hanno effetti benefici per l'economia italiana. Questa mattina il governatore di Bankitalia tornerà a illuminare, nel corso delle sue considerazioni finali, le criticità della bassa crescita italiana, i pericoli di uno spread troppo alto, i rischi di una prolungata sfiducia sui mercati internazionali. E oggi, in questa conversazione con il Foglio, Bonomi mette insieme i puntini e spiega perché l'Italia dovrebbe rendersi conto di essere come un paese che ha cominciato a ballare sul Titanic. "Il nostro è un paese solido ma per continuare a esserlo a lungo dovrebbe rendersi conto che non si può scherzare ogni giorno con il fuoco. Quando dico di non scherzare con il fuoco non mi riferisco a qualche concetto astratto bensì a un dato purtroppo drammatico che è quello relativo allo stato di salute della fiducia italiana. In molti, anche al governo, sembrano non essere interessati al tema ma è ormai un anno che chi guida il nostro paese offre con buona continuità ragioni per terrorizzare chi ogni giorno deve decidere se investire o meno in Italia. Una volta con qualche affermazione azzardata sul debito, altre volte con qualche affermazione azzardata sul deficit, altre volte ancora con qualche affermazione azzardata sul nostro rapporto con l'Europa. Può piacere oppure no ma è un dato di fatto difficilmente contestabile che un anno fa il termometro che misura ogni giorno il grado di fiducia del nostro paese segnava quota 130, e parlo naturalmente dello spread, del differenziale di rendimento fra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi a dieci anni, e oggi quello stesso termometro si trova a un passo da quota 300. Solo nel 2018, questo balzo ci è costato 1,8 miliardi di euro di spesa aggiuntiva per gli interessi da pagare sui titoli di stato. Solo nel 2019, questo balzo ci costerà 4,5 miliardi di euro. Solo nel 2020, questo balzo ci costerà 6,5 miliardi. E ciò che più mi preoccupa è che più ci avviciniamo alla prossima legge di Stabilità e più l'atteggiamento del governo mi sembra simile a quello irresponsabile imboccato nei mesi che hanno preceduto l'ultima Finanziaria. Occorrerebbe ricordarsi che difendere i conti pubblici, rispettare le regole, non giocare con il deficit e interessarsi alla riduzione del debito pubblico non è una richiesta da burocrati ma è una richiesta da persone con la testa sulle spalle, una richiesta di chi sa perfettamente cosa vuol dire alimentare una spirale di sfiducia in un paese che cresce poco, che spende tanto e che si indebita ogni giorno di più". Bonomi condivide le preoccupazioni della Commissione europea e della Corte dei conti sull'Italia, evidenzia "l'impatto inefficace che hanno avuto sulla crescita due riforme chiave del governo come reddito di cittadinanza e quota 100", ricorda che il nostro paese "ha un gap di crescita molto forte con il resto dell'Europa", rivendica di aver segnalato per tempo che le previsioni fatte dal governo sul 2019 prima dell'ultima legge di Stabilità "non avevano nulla di conforme alla realtà" e rispetto alla prossima Finanziaria segnala qual è la parola - o meglio la domanda senza risposta - che al momento contribuisce più di ogni altra affermazione ad aumentare la sfiducia nei confronti del nostro paese: ok, ma come? 

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