Competenze manageriali di base, per una startup. E come completarle

Con piglio appassionato, lo startupper si presenta con una "valigetta" in cui non possono mancare un'idea d'impresa interessante, una bozza di modello di business e gli strumenti per effettuare una analisi del contesto.

In testa, deve avere chiare le attività a cui dare priorità, ma la mente è essenziale che sia “open” per recepire osservazioni con senso critico, restando flessibile e consapevole delle proprie capacità, disposto ad affiancarsi a persone con differenti skill che possano completare il suo profilo.

La capacità di costuire un team, e di lavorare in team, sono essenziali, come lo è anche una certa dose di competenze finanziarie, di sales e di networking: un’azienda deve stare in piedi!

Dando retta ad Einstein, che sosteneva che “se non hai mai fatto un errore non hai mai provato a fare qualcosa di nuovo”, è importante saper prendere decisioni che comportano dei rischi con il prezioso paracadute della Resilienza. Solo così, si è pronti ad accettare anche i duri colpi, ai primi test sul mercato, sfoderando la capacità di rivedere anche frequentemente la propria idea, senza scoraggiarsi, ma migliorandola con perseveranza. Lo startupper deve avere Resistenza, oltre che Resilienza: fare impresa è fisicamente e mentalmente stancante, serve una spinta continua, per far fronte alle difficoltà senza perdere energia.

Cosa può fare un mentor

E' dura trasmettere la resilienza, forse neanche con una trasfusione è possibile, perché collegata ad aspetti più profondi della personalità e della percezione di autoefficacia che consente alla persona di ristrutturarsi restando sensibile alle opportunità. Ciò che non può in assoluto essere trasmesso, e che deve necessariamente essere interno alla startup, è la capacità dei founder di trovare una chiave per allineare una soluzione innovativa ad un problema esistente, nettamente differente da quelle presenti sul mercato.

Un buon mentor, però, può trasmettere allo startupper un approccio pragmatico, facendogli capire che deve ragionare per priorità: troppo spesso ha un'idea disruptive, con un alto potenziale di successo, ma poi tende a fare troppi voli pindarici.

Fin qui, il mentor potrebbe sentirsi inerme, davanti allo “schiantarsi” di uno startupper senza “pacchetto base”, ma non è così. Di buon piglio può affiancarlo passandogli competenze organizzative e di marketing, mettendo la propria esperienza, fatta sul campo, a disposizione della compagine azionaria di una startup che, preparatissima sul fronte tecnico-scientifico, spesso non ha on board competenze di tipo organizzativo/commerciale.

Un simile meccanismo di trasmissione funziona anche con competenze finanziare e commerciali, visto che per poter scalare, le startup devono prevedere le fasi di sviluppo in contesti mutevoli. E allora un mentor con esperienza è prezioso quando può accomagnare un neo imprenditore nello sviluppo e nella lettura di bilanci, budget e forecast.

Come possono servire i percorsi di incubazione e di accelerazione

E' necessario prendere atto che lo startupper spesso è solo e che quella definita “startup” è solo una fase, una delle prime. Un incubatore o un acceleratore possono quindi mettere a sua disposizione professionalità che lo indirizzino su tutte le dimensioni da presidiare per creare un’azienda. Altrimenti, il neo imprenditore si dovrebbe occupare contemporanemente non solo dell’ideazione e della realizzazione del prodotto/servizio, ma anche di come generare revenue, di come aggregare persone con motivazioni e professionalità necessarie, di decidere rispetto agli aspetti legali, organizzativi, di cercare partnership e naturalmente di assicurarsi vendite e revenue.

Un confronto, anche per una neo nata startup, con un percorso di incubazione, fa aprire gli occhi all’imprenditore che rischierebbe altrimenti di cedere all’innamoramento per la propria idea. Tutto ciò è la teoria, che si può tradurre in pratica se chi “incuba” o “accelera” non risulta poco vicino alle reali esigenze degli startupper, come invece spesso accade, facendo loro mancare anche il supporto base che ci si aspetterebbe.

L'ideale, come avviene in realtà come Réseau Entreprendre Lombardia, è che ci siano persone con notevole esperienza manageriale e/o imprenditoriale con un ventaglio completo di competenze diversificate, che accompagnano una startup, accelerando il suo percorso di crescita organizzativa. Questo affiancamento multidisciplinare integrato risponde a dei bisogni imprescindibili per il successo ma che richiederebbero consulenze non sostenibili economicamente da una azienda giovane.

Che ruolo ha il recruiting

Per “assorbire” competenze manageriali, le si può iniziare a reperire sul mercato con incentivi del tipo work for equity: potrebbe essere una via giusta, ma il condizionale prevede dei “se”. Due in questo caso, per due imprescindibili necessità: quella di effettuare preventivamente una analisi del team fondatore e delle condizioni economiche attuali e in proiezione. E quella di motivare la futura risorsa non solo con parole: nessuno lavora gratis e chi lo fa (o ha la percezione di farlo), o non ha valore o non fornisce il valore aggiunto necessario alle startup.

Il contributo degli investitori

Durante l'attività di fundraising, un investitore, oltre al capitale tradizionale, dovrebbe portare capitale relazionale, esperienza e conoscenza della industry di riferimento, familiarità nell’attività di fundraising anche per eventuali round futuri. Non solo: sarebbe altrettanto importante che arrivasse munito, oltre che di capitale da investire, anche della capacità di costruire partnership durature tramite il proprio network e di una vision per opportunità di exit.

E' quindi chiaro - per uno startupper deve esserlo - che esistono due tipologie di investitori: quelli prettamente finanziari e quelli che hanno anche delle competenze manageriali/industriali. E' necessario, valutando caso per caso per caso, trovare investitori non puramente finanziari, ma in grado di dare un contributo manageriale e, perché no, anche di business.

Alla stesura di questo articolo hanno contribuito 7 associati di Réseau Entreprendre Lombardia: Gavino Boringhieri (ASHF), Lorena Capoccia (Priobiotic CGB), Fabrizio Medea (Wise SGR), Roberto Pezza (Hiltrea), Luca Spazzadeschi (LABS Investments), Riccardo Spinelli (Ace&Perry) e Massimiliano Usuelli (Banca Sella).

Articolo di Réseau Entreprendre Lombardia

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