Robots and employment: evidence from Italy

Report Banca d'Italia.

In sintesi

La robotizzazione rappresenta una delle principali sfide per il futuro del lavoro: suscita quindi un certo interesse il recente studio della Banca d’Italia Robots and employment: evidence from Italy  che stima gli effetti occupazionali dell'aumento della diffusione dei robot in Italia dall'inizio degli anni '90 fino al 2016. 

Sono molti gli studi che analizzano empiricamente l'impatto dei robot sull'occupazione, ma nella maggior parte dei casi si prendono a riferimento gli Stati Uniti e la Germania. Normalmente emerge che negli Stati Uniti prevalgono effetti di spiazzamento, mentre per la Germania il quadro appare meno pessimistico, senza alcun impatto negativo sull'occupazione complessiva.
Il nostro Paese è un caso interessante, dal momento che nel periodo osservato si è collocato al secondo posto tra i Paesi europei dopo la Germania in termini di stock di robot.

imm1 - stock robot

L’analisi approfondisce anche l'impatto sull’evoluzione professionale dei lavoratori e sulla probabilità di entrare nel mondo del lavoro nei settori  dove più vengono utilizzati i robot.

imm2 - risk robot

Nell’analisi l’esposizione al rischio robotizzazione della forza lavoro locale viene stimata per i ognuno dei quasi 800 Sistemi Locali del Lavoro: il Nord Italia è stato in media più esposto rispetto al Centro e Sud Italia, dove però in specifici territori sono presenti importanti stabilimenti automobilistici (Termini Imerese, Cassino, Lanciano, Termoli).

I risultati mostrano che l'occupazione non è stata influenzata negativamente dall'introduzione di robot attraverso espulsioni di occupati.
Se un effetto hanno avuto è stato piuttosto quello di ridurre la probabilità di entrata di nuovi lavoratori nella produzione: quindi una rimodulazione della domanda di nuove forze di lavoro e una diversa allocazione, più che una riduzione dell'occupazione complessiva.

L’esperienza dell'Italia sembra pertanto più in linea con la Germania che con gli Stati Uniti, presumibilmente per le maggiori similitudini tra i due Paesi europei in termini di assetto istituzionale e diritti di tutela dell'occupazione nel mercato del lavoro: gli insider (lavoratori già all’interno) godono di maggiori protezioni rispetto ai nuovi entranti (outsider).

Diverse sono le implicazioni politiche di questi risultati:

1. l’apparente effetto non dannoso dei robot sull'occupazione può ad esempio contribuire al dibattito sulla tassazione dei robot, che viceversa dimostrano di produrre effetti positivi sulla produttività;
2. le politiche di formazione e istruzione dovrebbero essere finalizzate a investire in competenze che evidenziano e migliorano le complementarità tra uomo e robot, come capacità di problem solving, adattabilità, creatività piuttosto che su compiti che possono essere svolti dai robot.

Un’avvertenza è tuttavia d’obbligo nel caso di analisi che – come quella di Banca d’Italia – traggono indicazioni per il futuro sulla base di osservazioni del passato. Si deve infatti tenere conto:

1. che la velocità di diffusione dei robot è notevolmente rallentata in Italia con la grande recessione, ma potrebbe accelerare nuovamente con il diffondersi di robot nuovi e più flessibili (ed economici).
2. che se anche il ritmo di diffusione rimane invece costante, la linearità degli effetti non può essere data per scontata poiché le innovazioni possono avere impatti piuttosto peculiari e imprevedibili.

Il report completo è disponibile a questo LINK.

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