Regolamento UE sulla Deforestazione (EUDR): aggiornamenti sulla normativa e possibili impatti su prezzi e mercati
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Il Regolamento EUDR, entrato in vigore a giugno 2023, impone obblighi di due diligence, tracciabilità e conformità per prodotti legati alla deforestazione a partire dal 30 dicembre 2025. L’entrata in attuazione, inizialmente prevista a fine 2024, è stata prorogata di un anno e, recentemente, la Commissione Europea ha introdotto una classificazione dei Paesi per rischio di deforestazione (basso, standard, elevato), con controlli proporzionati. Tuttavia, nonostante alcune semplificazioni, il regolamento solleva ancora preoccupazioni per l’impatto operativo ed economico.
Analizzando l’andamento dei costi delle materie prime interessate e la geografia delle importazioni italiane ed europee, è verosimile che L’EUDR avrà impatti differenziati sui mercati, in base alla loro struttura e vulnerabilità. Prodotti come caffè, cacao, gomma e olio di palma, che già sperimentano forte volatilità nei prezzi e con forniture concentrate in pochi Paesi (alcuni particolarmente soggetti a deforestazione), potrebbero subire effetti più marcati. Anche la soia è esposta, con oltre metà delle importazioni italiane provenienti da Brasile e Argentina. Al contrario, i mercati di bovini e legno risultano meno “sotto pressione”, grazie a importazioni più diversificate e provenienti in gran parte da Paesi a basso rischio.
Il Regolamento sulla Deforestazione, adempimenti e sviluppi nella roadmap di entrata in attuazione
Il Regolamento (UE) 2023/1115 (noto anche come Regolamento EUDR), in vigore da giugno 2023, mira a prevenire l’immissione sul mercato dell’Unione Europea di prodotti illegali e/o associati alla deforestazione globale. A tal fine, a partire dal 30 dicembre 2025 (termine già prorogato di un anno), saranno introdotti obblighi di due diligence, di tracciabilità (dall’appezzamento di estrazione fino all’immissione a consumo) e di conformità alla legislazione dei Paesi di origine a tutti i soggetti che rendono disponibili sul mercato, importano ed esportano prodotti derivati da legno, bovini, soia, palme da olio, caffè, cacao, gomma naturale (elenco completo).
Dopo aver introdotto delle semplificazioni ad aprile 2025, il 22 maggio la Commissione Europea ha adottato il Sistema di analisi comparativa per Paese ai fini EUDR, che classifica i Paesi in tre livelli di rischio legati alla deforestazione: basso, standard ed elevato. In base al grado di rischio, gli operatori coinvolti potranno beneficiare della procedura di due diligence semplificata e saranno sottoposti a una diversa frequenza di controlli di conformità (1% per i Paesi a basso rischio, 3% per quelli a rischio standard e 9% per quelli ad alto rischio).
Nonostante le semplificazioni nonché la limitata estensione della categoria dei Paesi classificati come “ad alto rischio”, il quadro normativo continua a sollevare preoccupazioni, sia all’interno delle istituzioni europee che tra gli operatori economici, per l’elevato impatto economico e operativo degli obblighi previsti. In questo contesto, assume particolare rilievo la lettera congiunta inviata dai Ministri di 18 Stati membri,1 con la richiesta di introdurre regimi agevolati per i Paesi a basso rischio (ad esempio, il riconoscimento di uno “zero rischio”) e di semplificare i sistemi di tracciabilità e di due diligence.
Alla luce di queste pressioni politiche, cui si aggiunge il voto di sfiducia al Parlamento europeo del 10 luglio,2 non si esclude che, entro la fine dell’anno, possano venire introdotte ulteriori proroghe temporali o semplificazioni tecniche al Regolamento.
Di fronte a questo quadro, l’analisi che segue analizza il recente andamento dei costi delle materie prime interessate e la geografia delle importazioni italiane ed europee, per provare a delineare i beni e i mercati più esposti al Regolamento.
Il possibile impatto su prezzi e offerta
Il regolamento EUDR potrebbe impattare (al rialzo) sui prezzi attraverso almeno due canali principali:
- Aumento dei costi di conformità: gli adempimenti richiesti agli operatori per la tracciabilità e la verifica delle catene di approvvigionamento comporteranno costi aggiuntivi; allo stesso tempo, aumenteranno i costi per i coltivatori e produttori all’origine, sia per rispettare i nuovi requisiti di conformità che per eventuali investimenti in pratiche sostenibili e con minor impatto sulle foreste. In entrambi i casi, i costi incrementati potrebbero riflettersi sui prezzi finali.
- Riduzione dell’offerta: la necessità di rispettare le nuove norme potrebbe ridurre l’offerta di materie prime, poiché solo i prodotti conformi potranno essere commercializzati verso l’UE; ciò potrebbe portare a una restrizione generale dell’offerta o a una restrizione specifica per i beni diretti verso l’Unione, se i produttori dovessero decidere di re-indirizzare le proprie esportazioni verso altri mercati non regolamentati. Questo, insieme all’eventuale uscita dal mercato dei produttori/fornitori che non si dovessero adeguare, porterebbe a un aumento dei prezzi per il mercato del nostro continente.
La portata dell’impatto dell’EUDR, sia in termini di prezzi/offerta che di deforestazione, sarà verosimilmente maggiore sui mercati nei quali l’UE detiene una quota più importante delle importazioni mondiali. Analizzando il valore delle importazioni nel 2024, l’UE si rivela un mercato di destinazione particolarmente rilevante per caffè (34,1% delle importazioni globali) e cacao (22,4%). Seguono i prodotti di palma da olio (16,7%), soia (15,1%) e gomma (14,2%), mentre appare meno rilevante il peso europeo nelle importazioni di legno (10,1%) e, specialmente, bovini (4,8%). Su questi ultimi mercati l’UE potrebbe dunque trovarsi in una posizione di “leverage” più debole, esercitando un’influenza minore e possibilmente con effetti più limitati su deforestazione e costi delle materie prime interessate.
L’andamento dei prezzi negli ultimi due anni
Anche se è probabile che gli effetti più tangibili sui prezzi si manifestino dopo l’effettiva entrata in vigore del Regolamento, è comunque utile monitorare già oggi l’andamento dei prezzi delle materie prime coinvolte. Diversi di questi mercati sono infatti soggetti a diverse turbolenze, con forti ricadute dagli eventi climatici e meteorologici sempre più estremi e dalle recenti ed erratiche politiche tariffarie, oltre che a potenziali aggiustamenti anticipati da parte degli operatori in vista dell’EUDR.
I dati nella tabella riportata a fondo pagina mostrano il prezzo medio rilevato a giugno 2025 delle importazioni europee di alcuni dei prodotti soggetti all’EUDR (suddivisi per codice doganale), e le rispettive variazioni percentuali nel corso dell’ultimo trimestre, dell’ultimo anno e rispetto a giugno 2023, ovvero il mese conclusosi con l’approvazione del Regolamento. Nel complesso, emergono forti rialzi per cacao e caffè, rincari meno marcati per alcuni prodotti delle categorie bovini, palma da olio e gomma, e ribassi per la maggior parte dei beni di soia e legno.
L’incremento nelle quotazioni di cacao e caffè si spiega principalmente con delle condizioni climatiche avverse, che hanno portato a raccolti deficitari nei maggiori Paesi di produzione, causando anche forti movimenti speculativi sui mercati delle commodities. Per quanto riguarda il cacao, le piantagioni di Costa d’Avorio e Ghana sono state colpite dalla siccità, aggravando ulteriormente una carenza di investimenti che negli ultimi anni ha reso le piante di cacao meno resistenti. Allo stesso tempo, i raccolti di caffè in Brasile (per la qualità Arabica) e in Vietnam e Indonesia (per la qualità Robusta) sono risultati sotto le attese. Nonostante negli ultimi mesi il prezzo del caffè sia parzialmente rientrato, la minaccia delle tariffe statunitensi grava in misura maggiore proprio su questi Paesi: da ultimo, il 10 luglio, Donald Trump ha annunciato tariffe del 50% per il Brasile, il primo produttore al mondo di caffè.
Rispetto a due anni fa si osservano aumenti di prezzo più contenuti, intorno al 30%, per i bovini, per l’olio di palma e per la gomma naturale. Anche in questi casi si è venuto a creare uno sbilanciamento tra domanda e offerta, a sfavore di quest’ultima, a causa delle condizioni meteorologiche. I “numeri” del bestiame nordamericano sono infatti in costante declino da diversi anni, complici lunghi periodi di siccità, mentre la produzione di olio di palma e gomma naturale si è ristretta nei principali Paesi fornitori del Sud Est Asiatico, Indonesia, Thailandia e Malaysia.
Al contrario, le variazioni di prezzo di soia e legno sono generalmente di segno negativo e comunque improntate a una minor volatilità.
La mappa delle importazioni italiane
Infine, vengono identificati i principali Paesi fornitori delle imprese italiane relativamente ai prodotti soggetti all’EUDR, al fine di offrire una sintesi dei partner commerciali maggiormente interessati dalle nuove misure di conformità.
I principali Paesi da cui l’Italia ha importato bovini e prodotti collegati nel 2024 si trovano all’interno dell’UE, guidati dalla Francia che rappresenta il 38% dell’import italiano, per 2,3 miliardi di euro. Tra i Paesi extra-UE, i più importanti sono il Brasile (5%) e gli Stati Uniti (2%), quest’ultimo considerato a basso rischio deforestazione così come tutti i Paesi dell’UE, a differenza del Brasile, valutato a rischio “standard”.
Anche per il cacao i primi tre Paesi fornitori sono europei (Germania in primis con quasi 700 milioni di euro e una quota del 28%), ma emerge un ruolo importante per la Costa d’Avorio (9%, 212 milioni di euro), valutata a rischio standard e che per altro rappresenta la fonte principale per le importazioni di gran parte dell’UE (10% per la Germania, 31% per i Paesi Bassi e 15% per la Francia).
Quadro diverso per il caffè, per cui i primi 4 Paesi per export verso l’Italia sono extra-europei. Si tratta in primo luogo del Brasile, con 928 milioni di euro e una quota del 32%, seguito da Vietnam (16%), Uganda (12%) e India (9%). Tra questi, anche l’Uganda, oltre al Brasile, risulta a rischio standard.
Le importazioni italiane, così come europee, di prodotti derivanti da palma da olio sono invece dominate da due Paesi del Sud Est asiatico, ovvero Indonesia (38%, 772 milioni di euro) e Malaysia (18%, 367 milioni di euro). Entrambi i Paesi, che insieme valgono oltre la metà delle riforniture italiane, sono identificati a rischio standard.
Il mercato della gomma appare più frammentato, con solamente Germania e Cina che presentano quote superiori al 10% dell’import italiano (rispettivamente 15% e 12%). Tuttavia, è doveroso sottolineare come questi due Paesi pesino soprattutto nelle forniture di manufatti in gomma; viceversa, le importazioni italiane della materia prima gomma naturale arrivano per un terzo dalla Tailandia, con un ruolo significativo anche per Malaysia e Vietnam. La Tailandia, inoltre, è il principale fornitore della Cina, di cui rappresenta un quarto delle importazioni.
Per quanto riguarda la soia, più dell’80% delle importazioni italiane arrivano dal continente americano, nello specifico da Brasile (750 milioni di euro, 38%), Argentina (25%) e Stati Uniti (18%). Come il Brasile, anche l’Argentina, secondo la categorizzazione europea, è considerata a rischio standard.
Infine, la situazione è più diversificata per le importazioni italiane di legno, come prevedibile data la vasta gamma di prodotti soggetti all’EUDR, che va dal legno grezzo ai mobili passando per i pannelli. Germania (16%) e Austria (12%) sono ai primi posti, con più di 2 miliardi di euro di export verso il nostro Paese. I fornitori extra-europei più importanti sono Cina e Brasile, sostanzialmente appaiati con 1,15 miliardi di euro di export e una quota complessiva del 14% sull’import totale italiano.
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