Impatto dei dazi USA: nel breve termine a rischio 7,5 miliardi di export italiano e 897 milioni per i territori di Assolombarda

ALERT

Impatto dei dazi USA: nel breve termine a rischio 7,5 miliardi di export italiano e 897 milioni per i territori di Assolombarda. Stime che possono quasi triplicare nel lungo termine. 

Dopo l’entrata in vigore dell’accordo tra UE e USA dello scorso agosto, analizziamo il possibile impatto dei nuovi dazi sulle esportazioni italiane e dei territori di Assolombarda, considerando anche l’apprezzamento del tasso di cambio dell’euro nei confronti del dollaro che gioca a sfavore degli esportatori europei. Nel breve termine, stimiamo una perdita di 7,5 miliardi di euro a livello italiano, pari rispettivamente all’11,5% e all’1,2% dell’export del nostro Paese verso gli USA e verso tutto il mondo nel 2024. Per il “Quadrilatero” di Assolombarda, a rischio sarebbero 897 milioni di euro di esportazioni, per un 11,7% delle vendite verso gli USA e un 1,1% dell’export totale. L’impatto potenziale aumenta nel lungo termine, fino a 18 miliardi per l’Italia e 2,3 miliardi per il “Quadrilatero”, ma le stime sono soggette a maggiore incertezza. Nel complesso, l’analisi mette in risalto delle importanti differenze settoriali, dovute sia a diverse elasticità della domanda che a diversi aumenti tariffari per categorie merceologiche: nei territori di Assolombarda, i settori più colpiti sarebbero farmaceutica, moda, apparecchi elettrici e metalli.

Il quadro dei dazi americani sull’UE dopo l’accordo di agosto, differenziato per prodotti

Dall’inizio del 2025 a oggi, l’evoluzione dei dazi statunitensi nei confronti dell’Unione Europea ha attraversato una fase di forte tensione e successiva parziale stabilizzazione, riflettendo il ritorno a una politica commerciale più protezionistica da parte di Washington.

Il 27 luglio 2025 è stato raggiunto un accordo politico tra Stati Uniti e Unione Europea, che ha fissato un tetto massimo del 15% per la maggior parte delle merci europee esportate verso gli USA. L’intesa, formalizzata nel “Framework Agreement for Reciprocal, Fair and Balanced Trade” del 21 agosto 2025, ha previsto alcune esenzioni per settori strategici come aeromobili, farmaci generici e sughero, oltre a un impegno europeo a ridurre progressivamente i dazi sui beni industriali statunitensi.

Dal 1° settembre 2025 il nuovo regime è entrato pienamente in vigore, con gli Stati Uniti che hanno mantenuto tariffe ridotte (al 15%) anche per automobili e componenti auto europee, retroattive al mese di agosto. Nonostante ciò, alcuni comparti restano soggetti a trattamenti speciali o a quote di importazione, in particolare quello dei metalli.

Riassumendo, i principali punti dell’accordo estivo in termini di misure tariffarie sono i seguenti (escludendo gli annunci successivi di dazi al 100% per i prodotti farmaceutici “branded”, ovvero non generici, e al 107% per la pasta):

15% o tariffa MFN (Most Favored Nation) precedentemente in vigore se più elevata su tutti i prodotti, compresi automobili e componenti, con le eccezioni che seguono;

tariffa MFN su risorse naturali non disponibili, aeromobili e parti, prodotti farmaceutici generici, loro ingredienti e precursori chimici;

tetto massimo del 15% su altri prodotti farmaceutici, semiconduttori e legname;

50% su acciaio, alluminio e rame, e prodotti derivati.

Un primo elemento da considerare per la stima di impatto potenziale, quindi, è la elevata differenziazione degli aumenti tariffari per settori e prodotti.1 La terza colonna della tabella a fondo pagina riporta l’aumento tariffario in punti percentuali per le 21 categorie merceologiche della classificazione doganale HS. Se l’aumento più pronunciato riguarda inevitabilmente i metalli, i rialzi tariffari appaiono più moderati per materie tessili e calzature, dal momento che su questi prodotti esistevano già dei dazi superiori (in media) al 10%. Già in questa prima fase dell’analisi, emerge dunque quanto sia importante considerare separatamente diversi settori e prodotti per studiare l’impatto potenziale delle tariffe.

L’elasticità della domanda per categoria merceologica

Un secondo elemento cruciale per valutare l’effetto dei dazi riguarda l’elasticità della domanda, ovvero dell’import americano, all’aumento delle tariffe. Premettendo che la letteratura economica presenta delle stime molto varie,2 la presente analisi considera come riferimento i risultati ottenuti da Boehm, Levchenko, e Pandalai-Nayar (American Economic Review, 2023).3

Le elasticità dell’import a un anno sono mostrate nella quarta colonna della tabella. I valori indicano quanto varia la domanda a seguito di un aumento tariffario: una elasticità unitaria, uguale a -1,  implica che a seguito di un incremento tariffario di 10 punti percentuali, l’import di quel bene cala del 10% (nel Paese che impone la tariffa); se l’elasticità è superiore (inferiore) a -1 in valore assoluto, l’impatto sulla domanda è più (meno) che proporzionale. Anche in questo caso, appaiono differenze significative tra categorie merceologiche: per esempio, i prodotti tessili (sezione XI) presentano una delle elasticità più elevate, pari a -1,43, viceversa i macchinari (XVI), con una elasticità pari a -0,62, e quindi meno soggetti a cali di domanda per uno stesso aumento tariffario. Per alcune categorie di prodotto, in particolare agroalimentare (sezioni I-IV), chimica e farmaceutica (VI) e veicoli (XVII), è disponibile solamente una stima aggregata di elasticità, pari a -0,77.

Il ruolo del tasso di cambio

Un terzo elemento da includere nell’analisi riguarda il tasso di cambio. Oltre alla vera e propria escalation tariffaria, negli scorsi mesi si è difatti aggiunto un forte apprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro (+13,8% tra il 1° gennaio e il 30 settembre 2025), che rende gli esportatori europei meno competitivi, di fatto innalzando il costo delle loro merci per gli importatori americani. Tuttavia, questo apprezzamento, avvenuto in gran parte dopo l’insediamento della seconda amministrazione Trump, appare meno pronunciato se si considera la variazione nei tassi di cambio tra la media del 2024 e la media del 2025 (fino a settembre): in questo caso, l’apprezzamento è pari al al 3,4%.4 L’apprezzamento si attesta al 2,5% in termini reali, ovvero aggiustandolo per la differenza di inflazione media 2024-2025 tra USA e Italia.5

La nostra stima dell’impatto di dazi e tasso di cambio sulle esportazioni italiane verso gli USA

L’impatto dell’incremento dei dazi e dell’apprezzamento dell’euro sul dollaro è valutato rispetto alle esportazioni italiane verso gli USA nel 2024, pari a 64,8 miliardi di euro. Applicando l’impatto per categoria merceologica riportato nella quinta colonna della tabella al corrispettivo export italiano nel 2024, si ottiene una perdita potenziale di 6,23 miliardi di euro dovuta all’innalzamento delle tariffe. A questa va aggiunto l’impatto del tasso di cambio, che ammonta a 1,22 miliardi di euro. In totale, stimiamo, quindi, una perdita potenziale dell’export italiano verso gli USA pari a 7,5 miliardi di euro nell’orizzonte a breve di un anno. Una tale perdita rappresenterebbe un calo dell’11,5% rispetto all’export italiano verso gli USA nel 2024 e dell’1,2% rispetto alle esportazioni complessive del nostro Paese nello scorso anno.

Il quadro cambia notevolmente se si valuta l’impatto delle tariffe su un orizzonte più ampio, in cui l’elasticità della domanda ai dazi incrementa significativamente, grazie a una maggiore possibilità per gli importatori di diversificare le forniture o addirittura di internalizzare la produzione. In uno scenario di lungo periodo (7-10 anni), inevitabilmente soggetto a più incertezza, ipotizzando che i dazi oggi in vigore siano permanenti e che l’apprezzamento medio dell’euro resti in linea con quello odierno,6 l’impatto salirebbe a oltre 18 miliardi di euro, pari rispettivamente al 27,9% e al 2,9% dell’export italiano verso gli USA e tutto il mondo nel 2024.7

L’impatto sul territorio di Assolombarda

Applicando la stessa metodologia sulle esportazioni verso gli USA del “Quadrilatero” di Assolombarda (Milano, Lodi, Monza-Brianza e Pavia), pari a 7,7 miliardi di euro nel 2024, si ottiene un impatto aggregato di 897 milioni di euro dopo un anno, equivalenti rispettivamente all’11,7% e all’1,1% del totale esportato verso USA e mondo.8 Nel lungo periodo (orizzonte di 7-10 anni), l’impatto salirebbe a 2,3 miliardi di euro, per delle quote del 29,4% e del 2,7%.

Focalizzandosi sulle stime a breve termine, è possibile analizzare quali sono i settori del “Quadrilatero” più esposti. Dei quasi 900 milioni di euro persi nei territori di Assolombarda, la maggior parte colpirebbero farmaceutica (142 milioni di euro), moda (137), meccanica (121), chimica (105), metalli (101) e apparecchi elettrici (97). Nella Figura 1, viene riportata la scomposizione settoriale percentuale dell’impatto sull’export verso gli USA, complessivamente pari al -11,7% di cui sopra.

Un altro aspetto importante riguarda la dipendenza di questi settori dal mercato statunitense. La Figura 2 mostra la potenziale perdita, nel breve termine, dei settori del “Quadrilatero” rispetto alle esportazioni complessive nel 2024. I settori che perderebbero la quota maggiore del proprio export globale sono farmaceutica (-1,6%), apparecchi elettrici (-1,6%), metalli (-1,4%) e moda (-1,2%).

___________________________________________________________

1 Per le ipotesi assunte nell’analisi, si rimanda alla nota metodologica.

2 Si veda per esempio lo studio di meta-analisi di Bajzik, Havranek, Irsova, e Schwarz (Journal of International Economics, 2020).

3 Sebbene le loro stime si collochino verso i valori più bassi in letteratura, hanno il vantaggio di definire l’elasticità delle importazioni per orizzonti temporali ben definiti, che vanno da 1 a 10 anni. Per altro, questo articolo si focalizza sulle variazioni della domanda di beni a seguito di una deviazione dei dazi dalla tariffa MFN (rispecchiando esattamente il caso in oggetto) e presenta diverse stime di elasticità per diverse categorie merceologiche, anche se non per tutte le 21 sezioni citate sopra. Nello specifico, le stime sono disponibili separatamente per le sezioni VII-XI, XIII, XV-XVI, XVIII, XX.

4 La presente analisi considera l’apprezzamento del tasso di cambio sulla media annua dal momento che l’impatto è valutato sull’export italiano verso gli USA nel 2024.

5 Per le ipotesi assunte nell’analisi, si rimanda alla nota metodologica.

6 In linea con la letteratura, si veda per esempio Fitzgerald e Haller (2018, Journal of International Economics), si ipotizza che l’elasticità delle importazioni al tasso di cambio resti stabile tra breve e lungo termine.

7 Nello specifico, questa ipotesi è calcolata sulle elasticità medie tra 7 e 10 anni stimate da Boehm, Levchenko, e Pandalai-Nayar (American Economic Review, 2023).

8 In assenza del dettaglio delle esportazioni provinciali per classificazione doganale HS, è stata usata una tabella di raccordo tra questa classificazione e i codici ATECO.

Nota metodologica

Ai fini dell’analisi d’impatto, sono state fatte alcune semplificazioni sull’entità delle tariffe per categoria merceologica:

- i dazi sui prodotti con tariffa MFN superiore al 15% sono stati anch’essi ipotizzati al 15%, trattandosi di una casistica limitata (considerando le tariffe 2022, anno più recente con dati di dettaglio disponibili da WITS-World Bank, solo 107 prodotti su 4102 importati negli USA dall’Italia fronteggiavano una tariffa superiore al 15%);

- i dazi su risorse naturali e aeromobili sono stati ipotizzati allo 0%, dal momento che la tariffa MFN era nulla sulla maggior parte di questi prodotti; i dazi sui prodotti farmaceutici generici, loro ingredienti e precursori chimici sono stati ipotizzati al 15%, causa mancanza di dettagli per poterli identificare al momento dell’analisi;

- è stato ipotizzato lo scenario peggiore, ovvero di dazi al 15%, per prodotti farmaceutici (quindi generici e non), semiconduttori e legname.

In tabella sono riportati, per ogni categoria merceologica, l’aumento delle tariffe, l’elasticità all’import e la perdita percentuale stimata dell’export italiano verso gli USA a causa dei rialzi tariffari (data dalla moltiplicazione dei primi due fattori). I prodotti più esposti risultano essere metalli e legno, nel primo caso principalmente per l’aumento molto elevato dei dazi, nel secondo per una elasticità relativamente alta. Impatti più marginali emergono invece per tessile e calzaturiero (causa tariffe già elevate in precedenza) e per la gomma-plastica (grazie a una elasticità minore).

Per valutare l’impatto del tasso di cambio sulle esportazioni italiane verso gli USA, è stata considerata un’elasticità pari a -0,75, in linea con la letteratura e con l’elasticità media alle tariffe che si ottiene ponderando le elasticità settoriali in tabella per le importazioni americane dall’Italia nel 2024: in altre parole, si ipotizza che le importazioni americane scendano dello 0,75% in risposta a un deprezzamento del dollaro dell’1%. Questa elasticità è moltiplicata per l’apprezzamento reale del tasso di cambio (+2,5% EUR/USD) e si applica indistintamente a tutte le categorie merceologiche.

Non sei associato e ti servono informazioni?

Contattaci

Azioni sul documento