Italia assente nel mondo. Serve subito un esecutivo per una stagione di riforme Intervista

Italia assente nel mondo. Serve subito un esecutivo per una stagione di riforme

L'intervista di Carlo Bonomi, Presidente di Assolombarda - Il Corriere della Sera - 5 maggio 2018.

Per Carlo Bonomi, 51 anni, presidente di Assolombarda e di Synopo, un gruppo di tecnologie biomedicali, l'Europa non è un'opzione. È un dato di fatto. Per questo ha notato subito ciò che la Commissione Ue ha detto dell'Italia giovedì: è il Paese che cresce di meno, l'incertezza politica prolungata può infliggere ulteriori danni all'economia e il risanamento dei conti non avanza.

Presidente, quanto pesa lo stallo politico?

"Faccia caso al dibattito sui dazi minacciati dagli Stati Uniti. L'altro giorno Germania, Francia e persino la Gran Bretagna che sta uscendo dalla Ue si mettono d'accordo per rispondere a Trump. L'Italia è assente. Quell'immagine ci dice come in questo momento siamo deboli".

Come se lo spiega?

"Il nostro fatturato in quel Paese vale 40,5 miliardi di euro, questo è un passaggio molto importante per l'Europa e per noi. Abbiamo bisogno di un governo nel pieno delle capacità, perché si possa sedere al tavolo europeo al più presto: avremo vertici importanti sul bilancio dell'Unione, sull'euro, sui rifugiati. Al Nord, a Est, sull'asse franco-tedesco, vari gruppi di Paesi si formano già. Non possiamo permetterci di restare assenti".

Belgio, Spagna, Olanda, la stessa Germania sono andati avanti a lungo bene con governi dimissionari.

"Ma hanno macchine amministrative che funzionano da sole. La nostra fatica, ha bisogno di indirizzi costanti. Per non dire che anche le imprese iniziano ad avvertire il clima d'incertezza. I segnali di rallentamento, leggero, stanno arrivando. Già da prima crescevamo meno della media europea, dunque lo scarto sugli altri Paesi continua ad allargarsi. Con questa legislatura, abbiamo bisogno di una seconda grande stagione di riforme dopo quella scorsa".

Dunque non bisogna rimettere mano a quelle fatte?

"Be', vanno completate. Per esempio sul Jobs act: la parte sulle politiche attive non ha funzionato e va portata a compimento. Ma dobbiamo partire dal non smontare le riforme che ci sono e funzionano: Industria 4.0 fra tutte, perché è quella che ha dato particolari risultati e ha contribuito a portare l'Italia fra le prime 10 economie al mondo in cui investire, secondo ATKearney".

A Bruxelles si pensa di legare i fondi Ue alle riforme, spostando la contrattazione in azienda. Che ne pensa?

"In Europa c'è l'idea di dare i fondi solo in cambio di determinate misure e per l'Italia potrebbe non essere una passeggiata, dati i nostri ritardi. Quanto alla contrattazione di prossimità, credo che il futuro ci porterà lì. Dovremmo far sì che i costi d'impresa siano allineati alla produttività, e viceversa. A livello nazionale resteranno delle linee guida ma la contrattazione sempre di più verrà spostata sui territori, anche perché oggi nel mondo l'evoluzione è tutta verso i distretti e le grandi aree metropolitane. Con tre fattori vincenti: ricerca e brevetti, innovazione e capitale umano. Il mondo va in questa direzione, ogni distretto ha proprie specificità. Non credo in una ricetta nazionale unica, bisogna interpretare politiche differenziate sui territori".

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