Booklet Economia: l’impatto del Covid-19 sull’economia italiana e lombarda sarà severo. Intensità e durata dell’epidemia determineranno l’ordine di grandezza.

L'andamento economico della Lombardia nel confronto nazionale ed europeo.

La sicurezza sul lavoro in Lombardia

A gennaio 2020 gli infortuni “in occasione di lavoro” denunciati in Lombardia diminuiscono, sia a livello di intera economia che nella sola industria, del -3,2% rispetto allo stesso periodo del 2019. In controtendenza gli infortuni «in itinere» nel complesso dell’economia che crescono del +7,5%.

IN SINTESI - L’andamento economico della Lombardia rispetto ai benchmark

Dalla fine di febbraio l’emergenza sanitaria Covid-19 si è progressivamente manifestata su tutto il territorio italiano. L’adozione di provvedimenti restrittivi per contenere il contagio comporterà (e ha già cominciato a farlo) ricadute su gran parte delle attività produttive e sui consumatori. In aggiunta, le tempistiche differenti tra Paese e Paese nella manifestazione dell’epidemia peseranno sulla ripresa della nostra economia e dell’economia mondiale in generale perché si determineranno sfasamenti nelle reti produttive globali basate su stretta interdipendenza.

Nonostante il susseguirsi degli aggiornamenti nelle previsioni, il consenso tra economisti è di un rallentamento economico ovunque severo. L’ordine di grandezza della recessione sarà determinato dalla intensità e dalla durata dell’epidemia.
Secondo le stime di Prometeia al 27 marzo, il PIL mondiale rallenterà nel 2020 del -1,6%, più che nella Grande Recessione del 2009 (-0,4%), e il commercio mondiale del -9,4% (-12,3% nel 2009), condizionatamente all’ipotesi che si torni alla normalità entro il secondo trimestre in Cina ed entro l’estate in Europa e negli Stati Uniti.
Per l’Italia, ipotizzando una lenta e selezionata rimozione dei blocchi produttivi a partire da inizio maggio, si prevede una contrazione del PIL del -6,5%, il che equivarrebbe ad una recessione, in un solo anno, di entità analoga a quella che colpì il Paese nel biennio 2008-2009 (che registrarono un calo annuo del PIL rispettivamente del -1,0% e -5,3%).
Secondo le stime del Centro Studi Confindustria al 31 marzo, la contrazione del PIL italiano sarà quest’anno del -6,0%, sempre nell’ipotesi che la fase acuta dell’epidemia termini a maggio.

Non si dispone ancora di dati quantitativi sull’entità della caduta produttiva a marzo, ma qualche primo segnale si rileva nelle indagini qualitative.
Le rilevazioni sul clima di fiducia condotte dall’Istat tra il 2 e il 13 marzo registrano per il manifatturiero una caduta di 9 punti percentuali nel totale Italia e di 10 punti nel Nord-Ovest (con cali similari tra tipologie di industrie) e per i servizi un crollo di 18 punti percentuali sia nel totale Italia sia nel Nord-Ovest (con addirittura -40 punti nei servizi turistici e -31 nei trasporti e magazzinaggio). Frena pesantemente anche il clima di fiducia dei consumatori, che perde 10 punti in Italia e 9 nel Nord-Ovest, con un ampio calo del clima economico e futuro, in discesa sui livelli più bassi dalla primavera 2013.
I numeri sui consumi elettrici rilevati da Terna forniscono una ulteriore proxy del pesante cedimento dell’attività: nella settimana del 23-29 marzo i consumi complessivi in Italia sono risultati di oltre il 26% più bassi rispetto a inizio febbraio.
Il quadro italiano si inserisce, poi, in un’Europa anch’essa in forte rallentamento: in attesa dei dati nazionali, l’indice ‘flash’ PMI dei responsabili degli acquisti di manifattura e servizi nell’Eurozona è crollato da 51,6 di febbraio a 31,4 di marzo al di sotto del punto di minimo di 36,2 toccato a febbraio 2009.

Con riferimento alle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza, dalla survey condotta da Assolombarda su oltre 1.400 imprese associate (per un totale di più di 98 mila dipendenti sul territorio) emerge che al 26 marzo il 30% delle imprese sono totalmente chiuse (o in procinto di chiudere) e il 43% parzialmente chiuse. Solo il 27% è ancora completamente aperto (in forte riduzione rispetto al 76% rilevato al 12 marzo): nell’industria tale percentuale è similare, nel terziario sale al 36%.
Rispetto alla modalità di lavoro, il 49% dei dipendenti è in smart working, il 21% si reca in sede, il 30% non svolge attività lavorativa. Interessante notare che un terzo dei dipendenti delle imprese totalmente chiuse (o in procinto di chiudere) svolge comunque attività in smart working. Tra settori emergono differenze: la quota di lavoratori in smart working è pari al 43% nell’industria e al 65% nel terziario, quella di chi in sede è il 24% e il 12% rispettivamente, quella di chi non svolge attività lavorativa il 33% e il 24%.
Per quanto attiene all’utilizzo di ammortizzatori sociali, il 69% delle aziende si avvale/intende avvalersi di ammortizzatori sociali (il 75% nell’industria e il 60% nel terziario), coinvolgendo il 73% della propria forza lavoro. Sul totale del campione i dipendenti coinvolti in CIGO, FIS; ecc. rappresentano il 48% del totale.

Il quadro attuale italiano e lombardo si somma ad un contesto economico già debole prima dell’emergenza sanitaria: l’Italia ha praticamente smesso di crescere dal 2018 e l’ultimo trimestre del 2019 è stato di flessione (-0,3% il PIL), in Lombardia il PIL nel 2019 si è fermato a un modesto +0,7%, riflesso di una produzione manifatturiera stagnante (+0,2% nel 2019 dopo il +3,0% nel 2018) e di esportazioni stazionarie (+0,0% nel 2019 dopo il +5,4% nel 2018).

Infine, il mercato del lavoro lombardo evidenzia un rallentamento della crescita già nell’ultima parte del 2019. E i dati più recenti registrano un balzo del +25% della CIG nei primi due mesi del 2020 rispetto al 2019 (Cassa Ordinaria +55%); tutto questo, al netto degli effetti dell’emergenza sanitaria in corso.

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Assolombarda